Cenni storici
I primi abitanti giunsero almeno quattro millenni fa attraverso il fiume Tanaro e si insediarono nelle anse e sulle prominenze che il fiume formava lungo il suo corso. Ne sono testimonianza i recenti ritrovamenti del neolitico nell'annonese, così come l'abbondanza nel suolo di reperti paleontologici e fossili (mastodonte, dinosauro, conchiglie) riporta alle ere geologiche.
La presenza di Roma Imperiale, poi, è confermata dagli scavi effettuati dalla Sovraintendenza archeologica intorno alla Chiesa delle Ciappellette, dove furono rinvenuti resti di embrici e vasellame di epoca romana, già affiorati in altre zone della Via Fulvia.
La via segnata sulla tabula Peutengeriana senza l'indicazione del nome, e oggi comunemente denominata Fulvia, individuabile nel Segmentum III a ridosso del Segmentum IV, collegava Dertona con Hasta e il suo percorso è in molti punti ricostruibile. Da Tortona, la strada procedeva verso ovest, all'interno di un agro centuriato, con un lungo rettilineo, che raggiunge San Giuliano Vecchio e Spinetta Marengo, da dove procedeva per Forum Fulvii. Nei pressi di questo luogo la via attraversava il Tanaro e volgeva verso nord-ovest, forse verso Felizzano. A nord del fiume, il percorso della Fulvia verso “Hasta” (Asti) è ipotizzabile grazie numerosi toponimi che sembrano connessi alla viabilità romana, come Quattordio (Ad quattuordecim), Castello d'Annone (Ad nonum) Quarto Valterza (Ad tertium lapidem), Quargnento (Quadrigentum). Giunta ad Asti la via forse volgeva verso Augusta Taurinorum ed i passi alpini.
Le vicende medioevali anteriori al 1000 sono legate alla "offersione" da parte di Olderico degli Arduinici, marchese di Torino, della cappella del Flexo alla Abbazia di Pomposa.
"Rocheta" viene quindi citata per la prima volta nel diploma del 1041, quando l’imperatore Arrigo III conferma il paese quale possedimento del vescovo d’Asti. Da questo documento si ricava quindi che, avendone avuta la conferma imperiale, "Rocheta" apparteneva già, da molto tempo prima, alla Chiesa di Asti.
Con l’ avvento in Italia nel 1155 di Federico Barbarossa il feudo della "Rocheta", già pertinenza prima della Chiesa e poi del Comune di Asti, passò agli Aleramici Marchesi di Incisa che da allora estesero qui la propria giurisdizione.
Dopo la pace di Costanza gli astigiani ritornarono in armi e si ripresero Rocchetta e la difesero anche contro le pretese del Marchese del Monferrato nel 1193.
Successivamente la diedero in feudo ai Marchesi di Incisa, ma sotto il dominio della città di Asti.
La ormai documentata esistenza della fortezza di Priamissa "ad petram missam", la torre cilindrica e resti delle mura e di parte dell'antico castello, tuttora residenza della famiglia, restano testimonianza della secolare presenza degli Incisa alla cui storia cavalleresca e feudale fu legata fino al 1700 la vicenda rocchettese.
Con la venuta in Italia degli Angioini di Carlo I, i marchesi d’Incisa voltarono bandiera e, ribellandosi agli astigiani, si allearono con i francesi. Gli astigiani sconfissero gli angioini e li ricacciarono oltre le Alpi, quindi nominarono i Bertali, nobili astigiani, nuovi signori di Rocchetta che si impadronirono del castello e lo rinforzarono con uomini e munizioni, migliorando la difesa della frontiera a sud del Tanaro.
Durante le guerre guelfo–ghibelline, grazie all’intervento dell’imperatore, Rocchetta ritornò nuovamente ai Marchesi di Incisa.
Con il Diploma del 1355, l’imperatore Carlo IV assegnava al Marchese del Monferrato tutti i privilegi passati ed il dominio di tutte le terre del Monferrato, compresa Rocchetta.
Successivamente con Diploma del 1359, ricusata la concessione di Rocchetta al Marchese del Monferrato, Rocchetta ritornò ai Marchesi d’Incisa.
Alla fine del XIV secolo la terra astigiana passò sotto il dominio dei Visconti, ma contrariamente alle limitrofe Rocca ed Annone, Rocchetta non fu compresa tra le terre che Giangaleazzo Visconti, nel 1387, donò in dote alla figlia Valentina in occasione del matrimonio con il Duca di Valois, ma fu scorporata ed annessa al Ducato di Milano.
Dopo la distruzione del Castello di Incisa (26 luglio 1514) ad opera di Guglielmo IX del Monferrato ed il conseguente smembramento del Marchesato, gli Incisa della Rocchetta ricevettero l'investitura di governanti della loro parte di marchesato (1535) dal Governo spagnolo stanziatosi a Milano, che considerava Rocchetta "feudum rectum".
Non mancarono le tristi conseguenze per la presenza di eserciti stranieri durante le Guerre di Successione, che per quasi un secolo gravarono pesantemente sulla popolazione costretta a convivere con situazioni precarie e difficili che stimolarono tuttavia quella vocazione commerciale di cui è simbolo il "bisante d'oro" - moneta coniata durante l'Impero Bizantino - che stringe tra le branche il leone rampante dello Stemma Comunale.
Durante la guerra di successione del Monferrato, Rocchetta subì diversi danni e nel 1625 diede alloggio all’esercito spagnolo comandato dal duca di Feria.
Nel 1635 il paese fu attaccato dai soldati savoiardi che dopo aver espugnato la rocca, si diedero ad un feroce saccheggio.
Nel 1643 gli spagnoli temendo che i francesi potessero impossessarsi di Rocchetta la cinsero con terrapieni, riattivarono le vecchie mura e la presidiarono di uomini e munizioni ma questo non impedì che cadesse in mano al nemico.
Col trattato di Vienna del 1738, Rocchetta insieme ad altre terre, fu ceduta al re di Sardegna.
Descrizione del territorio e del paese come si presenta all’ inizio del secolo XIX.
“…….nella terra della Rochetta gl’artisti d’ogni specie abbondanti si trovano, che molti abitanti vanno e vengono dalle due riviere di Genova conducendo colà generi e derrate del Piemonte………
Sebbene alla Rochetta non vi sia alcun mercato, v’è ciò nonostante un continuo flusso e riflusso di gente che dalle prossime terre con quei del paese commerciano…………
La sola contrada di mezzo è passabile, sebbene ineguale e fangosa; una picciola quadrata piazza sta avanti la chiesa parrocchiale, su cui v’è la casa del Comune che ha niente di pregievole; la parrocchiale è moderna e non ha altro pregio che racchiudere in se le ceneri dell’ex-gesuita Abbate Vasco letterato conosciuto assai……..
Il solo edifizio che meriti qualche attenzione è il Palazzo del Marchese Nicolao Incisa…….. è ben distribuito, è decentemente mobigliato e presenta tutti i commodi d’una bella villeggiatura………… vi possede una buona biblioteca…”
Gli avvenimenti descritti sono ricavati dal'opera "Corografia Astigiana" che l’avv. Gian Secondo De Canis scrisse tra il 1814 ed il 1816.
L'importante manoscritto è conservato tutt'oggi presso la Biblioteca Consortile Astense.